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festività o raccolta di olive!

 

festività o raccolta di olive!

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inviato da Nicola Romanelli
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Desidero innanzitutto fare gli auguri di un felice anno 2010 ai 6 ospiti attualmenti collegati.
Una riflessione spontanea: nel telefonare ai miei cari in S.Michele, scopro che appofittano delle festività per andare a raccogliere olive! Tale e quale 50 anni or sono. Massarianova allora ritrova quella benedetta povertà d'un tempo in cui si credeva con la fatica si ottiene quello che hai. Sono in Svizzera da oltre 40 anni, e i parenti immancabilmente mi regalano l'olio del loro fondo da portare con me. Noto che é buonissimo, ma mai una volta mi é caduto il pensiero su quelle dita intirizzite dal gelo e quanto é costato quel dono fatto con l'anima!
Mi scuso pubblicamente per la mia indifferenza e auguro non solo ai parenti ma a tutta la gente che si sacrifica per la raccolta di olive ed anche dei prodotti sammichelani, una politica dei prezzi atta a valorizzare questo duro sacrificio. Nicola Romanelli

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Submitted by lemico on Sab, 2010-01-02 19:20.

Ciao Romanelli, per prima cosa Buon Anno a te e famiglia, a dire la verita le cose da 50 anni a questa parte per l'agricoltura in san Michele sono cambiate poco o nulla, anzi sotto certi aspetti sono addirittura peggiorate.
Dai un'occhiata a questo post

http://carolemico.myblog.it/archive/2009/12/03/io-e-la-mia-terra.html

Submitted by nicola rmanelli (not verified) on Sab, 2010-01-02 22:03.

m'interessa che il visitatore legga quello che scrivo è lasci la sua opinione, a prescindere che lo condivida o meno.- P.S
Ringrazio e ricambio gli auguri e mi permetto di dare la mi opinione non per contraddire ma cercare di smuovere le acque in una terra che ci sta a cuore:
Guarda la politica italiana e non solo, tutti in un mare di parole.
Non dico che hai torto a lamentarti, forse hai anche ragione e allora hanno ragione tutti quegli avvisi di vendita e i terreni abbandonati e soprattutto tutti i giovani che non intendono andare a sporcarsi con la terra.
Il risultato lo vediamo, la tua ragione, bella ragione, campi abbandonati, terreni che non valgono un soldo… e arrivano gli stranieri a comprarseli … capisci ora dove va a finire la tua ragione.
Mettiamo che ti sbagli, ti metti a lavorare e malgrado non guadagni quasi nulla, fai però un piccolo miracolo, il tuo terreno produce, non resta incolto e arido.
Altri coltivano il proprio terreno, senza sentir ragioni, di spese o guadagni ed ognuno produce il proprio miracolo.
Ogni anno s’immettono sul mercato prodotti di ogni genere, ulive mandorli, fichi, e tutto quanto la terra vuole che le prendiamo a costo di sacrifici.
Vorrei vedere un treno carico di merci a tutto vapore se non sfonda questo miserabile ostacolo creato apposta sia dalla politica sia dalla indifferenza della stessa gente e sia dalle troppe parole, solo parole, malattia cronica di noi italiani.
Ci lamentiamo e intanto non produciamo facendo proprio il gioco di chi sfrutta questa situazione.
Arrotoliamoci le maniche e facciamo la nostra parte, piangere e lamentarsi non risolve un bel niente.
nicola romanelli

Submitted by nicola rmanelli (not verified) on Dom, 2010-01-03 09:29.

Uno scempio da arrestare
Caro Lemico, con la prima risposta volevo scuotere il buon senso con questa ho la pretesa di scuotere le coscienze.
La seconda ipotesi la dà lei in: http://carolemico.myblog.it/archive/2009/12/03/io-e-la-mia-terra.htmlin
Il discorso é diverso per una grossa azienda che abbia minimo 50-100 ettari di terra, che si può attrezzare con i macchinari necessari e dove due operai fanno il lavoro che nei piccoli terreni occorrerebbero 20 persone, li ci potrebbe essere qualche guadagno, eppure anche quelli si lamentano.
(la legna dei fichi non è buona nemmeno per il camino). Se avessero sentito questa bestemmia i tuoi nonni!
Riunire i piccoli appezzamenti di terra sotto un unico (coltivatore) come dice lei stesso, per far si che i terreni rendano!
Questo modo di pensare ed agire sarebbe per il bene comune!
Non coltivare, tagliare, bruciare, far marcire è un scempio da arrestare!
Minuziosamente hai decantato l’impossibilità e l’inutilità nel tenere un (tomolo) di terra, persino provato a darlo ad altri, ma questi altri a ragione si rifiutano di addossarsi gli stessi problemi che tu lamenti.
Allora dàllo, deponilo, e come te facciano tutti i piccoli proprietari incapaci a sostenere l’enorme peso del lavoro campestre.
A questo punto forse qualcuno, interessato, coraggioso potrebbe essere tentato, si offrirebbe a dirigere un azienda collettiva.
Invece di crocifiggere i vicini con le lamentele e devastare i campi, con lo sradicare alberi di fichi, far scomparire vigneti rigogliosi, mandorli generosi e oliveti cari ai nostri antenati … auspico che i comuni, di qualsiasi appartenenza politica, intervengano ad espropriare terreni abbandonati, a multare e denunciare il taglio degli alberi senza senso, perché questo agire non rientra nel diritto di proprietà ma nel rispetto del patrimonio comune.
Io sono del parere che possedere un pezzo di terra è una ricchezza di cui vantarsi.
Ai bambini delle scuole elementari bisognerebbe inculcare le bellezze e la poesia del vivere in campagna. Parlare e spiegare i lavori campestri e vantare l’orgoglio dei nostri nonni del vivere dignitoso.
Carissimo Lemico, non ho frainteso affatto il suo pianto disperato, la sua arringa generosa ma come posso affiancarla se così facendo, con i nostri lamenti tutti ci evitano e si convincono di scappare dalle campagne perché come tu dici, le terre portano solo problemi e debiti.
Sono d’accordo, ma non sia questo pretesto a disprezzare e distruggere.
Riconosciamo invece che oggi le cose non vanno come una volta, e allora abbiamo il coraggio di nuove iniziative che valorizzino e non saccheggino l’eredità lasciataci dai nostri antenati.
Ora sotto questa prospettiva domando di nuovo se conviene raccogliere le ulive o starsene comodamente a festeggiare.
I miei nipoti sono propensi ad andare a raccogliersi le benedette olive per fare un olio che tu neanche l’immagini quale bonta`” uno zucchero dotto`” diceva mio padre.
Persino un cognato sugli ottanta, che a rischio della salute tende ad andare in campagna a fare i lavori che devono essere fatti e i familiari stentano a ostacolarlo, a convincerlo. A te, cumba Ci, non gli interessi, i guadagni, le spese, le perdite, ma l’amore, l’affetto per il fondo ti strugge il cuore.
E non parlano delle fatiche, dei geloni alle mani, della stanchezza, solo sussurrano con tenerezza che persino il loro cane Rex viene a dare loro una mano!
Nicola Romanelli

Submitted by midiesis on Dom, 2010-01-03 12:00.

La tua riflessione mi porta ai racconti di mia madre quando, all'età di 7 - 8 anni, andava a raccogliere le olive con le mani e a volte scalzi. Ricordi di sacrifici e povertà.
La sua generazione ancora per poco tempo riuscirà a curare "il giardino del Salento" con amore e passione, quel giardino che incanta gli inglesi, gli svedesi, e tutti i turisti italiani e non che vengono a godere della bellezza della nostra terra.
La generazione successiva, la mia, cerca tra i vari altri impegni di portare avanti la campagna. Ma non è la stessa cosa.
Tra circa 50 amici miei coetanei solo due si sono dedicati esclusivamente al lavoro della terra, gli altri sono andati via da San Michele, o fanno altri lavori, relegando la cura dei campi di proprietà nelle ore libere e con grossi sacrifici e costi.
Penso che nei prossimi anni, con la scomparsa della vecchia generazione dei nostri padri e nonni, il territorio potrebbe subire un ulteriore abbandono e/o essere svenduto.
Non basta, secondo me, la promozione del territorio ai fini turistici, ci vuole anche un aiuto affinche il nostro "giardino" possa essere curato e mantenuto tale come è accaduto fino a questi anni.

Submitted by edmondo on Mar, 2010-01-05 17:04.

Finalmente si discute di cose che mi interessano proprio tanto! Datemi il tempo di tornare da Roma, dimendiacre tutti questi grandiosi palazzi, monumenti, chiese e cattedrali e sarò con voi!
roma05012010 edmondobellanova

Submitted by lemico on Mar, 2010-01-05 20:40.

Ciao a tutti.
No Caro Romanelli, proprio non ci siamo, non sono assolutamente d'accordo con te. Io posso far fruttare il mio terreno per mettere qualsiasi cosa mi può servire per la mia famiglia, uso personale insomma.
Ma che io mi debba ammazzare sulla terra e perdere quella poca salute che mi rimane per fare cosa?, no non va che io mi debba ammalare per coltivare la terra e altri alle mie spalle si ingrassino. Non è affatto giusto che io dopo aver lavorato tutto un anno sulla terra venda i miei prodotti a 5-10 e che altri in una sola giornata guadagnino sui miei prodotti 30 o 40 e poi alla fine della trafila debba vedere i miei prodotti venduti a 100 o più.
No, questa non è una ripresa economica ma è una presa per il cu..
Anche quella di lasciare il terreno incolto è una forma di protesta anche se silenziosa.
Col tuo discorso di coltivare la terra anche a costo di rimetterci è come dire ad un muratore costruiscimi una casa gratis, l'importante è che tu lavori, ma ti rendi conto.

Submitted by lemico on Mer, 2010-01-06 17:23.

Carissimo Romanelli, volevo ancora dirti che le tradizioni e la cultura contadina dei nostri nonni si sono una bellissima cosa, ma purtroppo in tutto questo c’è un piccolo difetto, le tradizioni e la cultura non si possono mettere in padella, non ti puoi riempire la pancia con la cultura e le tradizioni. La cultura e le tradizioni contadine le potrei portare avanti io o altri come me che hanno altre risorse, ma tutta quella gente che non ha le nostre risorse?
La cultura e le tradizioni che tu decanti non hanno impedito a migliaia di contadini e figli di contadini (io tra questi) di abbandonare la propria terra ed andare altrove in cerca di miglior fortuna per non morire di fame.
In ultima analisi il problema non è ne nei piccoli appezzamenti di terra ne nelle grosse aziende agricole, ne nei modi in cui essi sono condotti.
Il problema è in ciò che si trova in mezzo tra la base cioè il coltivatore e l’utente finale cioè l’acquirente-consumatore. I guadagni non sono equamente distribuiti, non è giusto che chi lavora di più e rischia tutto (basta un nulla per perdere tutto il raccolto) guadagni le briciole e gli altri della catena si arricchiscano.
E’ qui che bisognerebbe intervenire non accorpando la terra, non è formando cooperative che poi alla fin fine creano solo altri problemi.
Come gia detto nel mio post si dovrebbe formare una associazione di coltivatori i quali riunendosi e discutendo dovrebbero stabilire i prezzi del mercato, non lasciare fare i prezzi alla benevolenza dei compratori.
Non è giusto dare sempre la colpa allo Stato, alla politica o ai vari enti pubblici, cerchiamo di alzare prima noi la testa, non dire anche se ci rimetto devo coltivare lo stesso è sbagliato è una grandissima fessaggine. Certo il controllo anche da parte dello Stato è giusto ed e doveroso che ci sia, ma non imporre che io debba coltivare per forza la terra, a questo punto saremmo allo schiavismo.
Basta per ora. Ciao

Submitted by lemico on Thu, 2010-01-07 09:27.

Mi vorrei riallacciare al mio commento precedente in cui dico “”Come gia detto nel mio post si dovrebbe formare una associazione di coltivatori i quali riunendosi e discutendo dovrebbero stabilire i prezzi del mercato, non lasciare fare i prezzi alla benevolenza dei compratori”” ed aggiungere questo.
Quando io vado al mercato o in un negozio devo comprare al prezzo di chi vende, ed è giusto che sia cosi, allora perché io quando vendo i miei prodotti della terra devo vendere al prezzo che dicono gli altri e non come è giusto al prezzo che dico io. Qui sta l’anello debole della catena, qui sta lo sbaglio, sono io che vendo e devo essere io a stabilire e dire il prezzo di vendita non chi compra. Dobbiamo avere la forza di dire o vendo i miei prodotti al mio prezzo o la merce la uso come letame e non come fanno tanti meglio recuperare quello che nulla. Sbagliato. Facendo cosi i prezzi abbasseranno sempre di più.
Ci manca solo che tra un pò dobbiamo pagare perché si portino via i nostri prodotti. E’ già pur di non farli perdere. Bravi abbassiamo sempre di più la testa.
Continuando a comportarci cosi andremo e sempre di più nella cacca, la colpa e solo la nostra, e gli altri ovviamente se ne approfittano.
Ma ci siamo forse scordati del vecchio detto sammichelano che diceva “Finche stanno i fessi campano i dritti”.
Ci dobbiamo aiutare da soli non aspettare sempre l'intervento o l'aiuto dagli altri.
Meditate gente meditate.

Submitted by Giacomo (not verified) on Fri, 2010-01-08 13:34.

@ Carolemico: ho finalmente letto la discussione che hai segnalato e voglio far partire il mio breve ragionamento dalle tue sacrosante parole "le tradizioni e la cultura non si possono mettere in padella, non ti puoi riempire la pancia con la cultura e le tradizioni"; ecco proprio così questo sta alla base dell'abbandono delle terre recintate dai muretti a secco delle nostre care zone. Finchè la "difesa delle biodiversità" rimane nelle parole di convegni o nelle manifestazioni turistiche organizzate con amore, ma estemporanee, non si potrà pretendere la rinascita di un'economia che al tempo dei nostri padri e nonni era di semplice sussistenza, quando il fondo non produceva occorreva trovarsi un'occupazione "a giornata" da cercare nella piazza del paese. Per quanto ne so, ora, solo qualche anziano pensionato e qualche "appassionato volontario" continua a coltivare le terre rosse, il resto è villeggiatura e turismo. I privati non potranno mai far rinascere l'agricoltura tradizionale delle nostre zone senza l'aiuto pubblico. La macchina è inceppata e quando gli ultimi "appassionati volontari" si saranno stufati... Stop!


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